From 29/10/2020 To 31/12/2020
ENGLISH
"Frantumi" is the latest exhibition by Paolo Grassino displayed at Progettoarte elm.
In his multiform activity as a sculptor, there is a fil rouge that binds his packs of stray dogs to the carcass of a MiG 15, to his representation of the human condition as it is today. A sort of constant scenario of war, in which buildings are reduced to rubble and people are shattered.
Two men whose heads are crossed by a steel "T" shaped putrella, faces struck by fragments of glass, dressed as tears coming out of the eyes of other faces, looks like thay do not provide foothold for hope, but this is not the case. According to an atavistic vision, pain forges character, and suffering feeds consciousness, and what is art about if not awareness of the world?Thus, awareness is dearly paid for, but once its process has been activated it cannot stop - and this is the desirable path of every artist.
After all, the little Apocalypse of this Turinese artist finds its redemption not only in the high and western concept of suffering, but also in that one of "shape": art is able to recompose the fragments just like a homeopathic cure, by let them visible.
ITALIANO
“Frantumi” è la nuova, inedita mostra che Paolo Grassino propone nelle sale di Progettoarte elm.
Nella sua multiforme attività di scultore, esiste un filo rosso che lega i suoi branchi di cani randagi alla carcassa di un MiG 15, alla rappresentazione della condizione umana qual è oggi, a suo avviso. Una specie di costante scenario di guerra, in cui gli edifici si riducono a macerie, e le persone vanno in frantumi.
Due uomini le cui teste sono attraversate da una putrella d’acciaio “a T”, volti colpiti da frammenti di vetro, vestiti come lacrime che escono dagli occhi di altri visi sembrano non fornire alcun appiglio alla speranza, ma non è proprio così. Secondo una visione atavica, è il dolore che forgia il carattere, e la sofferenza alimenta la coscienza, e cos’è l’arte se non la consapevolezza del mondo? Così, la coscienza si paga a caro prezzo, ma una volta innescato il processo per cui si giunge a questo – ed è il cammino di ogni artista -, non ci si può fermare.
Del resto, anche questa piccola Apocalisse dell’artista torinese, trova il suo riscatto non solo nel concetto alto e occidentale di sofferenza, ma anche in quello di “forma” - l’arte riesce a ricomporre i frantumi proprio come fosse una cura omeopatica: facendoli vedere.