Home Magazine Red blood & Kapoor black: le due anime di Anish Kapoor a confronto nella mostra di Venezia

I neri assoluti di Anish Kapoor e i delicati cromatismi dei maestri veneziani, un filo rosso che attraversa la storia dell’arte in dialogo fra passato e presente. L'artista anglo-indiano, fra i più influenti protagonisti del panorama contemporaneo, raccontato attraverso le suggestioni di una visita alla grande retrospettiva che Venezia gli ha dedicato.

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Le sedi: Gallerie dell'Accademia e Palazzo Manfrin

I misteri di Giorgione, i colori puri di Tiziano, le grandi tele del Veronese e del Tintoretto, il tutto custodito in uno scrigno d’eccezione, un tempo sede della storica Accademia di Belle Arti, i cui illustri studenti spaziano dal Tiepolo al Canova, a Hayez a Emilio Vedova. Il museo che vanta la più importante collezione mondiale di pittura veneziana dal 2015 ha aperto le sue porte anche all'arte contemporanea, organizzando una serie di mostre. L’ultima in ordine di tempo, curata dal direttore del Rijksmuseum di Amsterdam Taco Dibbits e conclusasi lo scorso 9 ottobre, ha visto protagonista Anish Kapoor e le sue opere che giocano con la percezione visiva, intrigano, catturano, spiazzano, talvolta sconcertano ma non lasciano mai indifferenti.

Anche Palazzo Manfrin, l'altra sede della mostra, situato nel quartiere di Cannaregio all'altro capo della città, vanta una lunga tradizione in campo artistico. Già alla fine del XVIII secolo infatti il conte Girolamo Manfrin l'aveva trasformato in una galleria d'arte, che fu visitata dai più grandi artisti e intellettuali del tempo e nella cui collezione, confluita in quella dell'Accademia alla morte del proprietario, figuravano capolavori come La tempesta e La vecchia di Giorgione. Dopo decenni di abbandono, il palazzo è stato ora acquistato dallo stesso Kapoor con l'intento di restaurarlo e trasformarlo nella sede della sua Fondazione artistica e, con il Manfrin Project, farne un centro culturale di primaria importanza nel panorama lagunare.

 

Una mostra con una doppia anima

Due quindi le sedi della mostra, ma due anche le anime che la percorrono, profondamente diverse, quasi antitetiche, al punto che difficilmente chi si sente attratto dalla prima amerà la seconda. Due mondi che, sia alle Gallerie sia a Palazzo Manfrin, convivono e si compenetrano seppure in stridente contrasto fra loro. Una visione duplice almeno quanto i giochi di riflessi innescati dagli specchi concavi, convessi o ondulati che si incontrano in vari punti del percorso, uno dei quali cattura il cielo già nel cortile d'ingresso dell'Accademia. Specchi che sorprendono e restituiscono immagini distorte, sovrapposte, quasi olografiche, porte d'ingresso a un mondo onirico, trascendente che sovverte giocosamente le leggi della fisica.

Magiche presenze prive di confini

Anish Kapoor – Gallerie dell’Accademia di Venezia & Palazzo Manfrin - Venezia 2022. Photo © Kooness

 

Alla prima anima appartiene la serie dei Non-Object Black, le sculture realizzate in Kapoor black, un pigmento sintetico di cui l'artista ha acquistato l'esclusiva qualche anno fa, ovvero un nero assoluto composto da nanotubi di carbonio, in grado di assorbire il 99,9% della luce. Le opere su cui viene applicato, del tutto prive di ombre, acquistano così il fascino misterioso di meteoriti piovuti dallo spazio e, al pari degli specchi, ingannano e spiazzano totalmente l'osservatore. Viste di fronte appaiono infatti come figure geometriche bidimensionali, che fanno pensare ai quadrati o ai cerchi neri di Kazimir Malevič, mentre spostandosi di lato si svelano poco a poco nella loro tridimensionalità, rivelando profondità oscure o geometriche convessità. Una riflessione sulla superficie delle cose, sull'interconnessione fra interno ed esterno è quella che accompagna attraverso questa prima tipologia di lavori, alla quale si può ricondurre anche la serie 1000 Names, con le sue forme rivestite di pigmenti puri che ibridano architettura e natura, ma che trova forse la sua massima espressione nella stupefacente installazione Pregnant White Within Me. Di fronte all'imponente rigonfiamento della parete, che suggerisce un gigantesco ventre gravido di un purissimo bianco su bianco, la mente corre per un istante alla Madonna del parto di Piero della Francesca e al gesto con cui la Vergine si sfiora l'addome rigonfio, con uno sguardo indecifrabile, rivolto verso un luogo indefinito all'interno di sé.

Anish Kapoor - Pregnant White Within Me - Gallerie dell’Accademia di Venezia & Palazzo Manfrin - Venezia 2022. Photo©Kooness

Un'esplosione di materia

Di matrice del tutto diversa sono le impressioni suscitate dall'altra serie di opere, che con la loro perturbante fisicità grandguignolesca ricordano piuttosto ritualità arcaiche, figurazioni espressioniste, la gestualità dell’action painting ma anche, per restare a Venezia, le pennellate destrutturate e il corpo scorticato del satiro nella Punizione di Marsia di Tiziano.

Un'esplosione di materia, di rossi e di neri, di sangue e tessuti in disfacimento è ciò che investe il visitatore delle Gallerie di fronte a opere come The Unremenbered, con i suoi ammassi di carne e visceri adagiati in modo scomposto su due inquietanti binari, o come Shooting in the Corner, dove un cannone a tempo bersaglia la parete con enormi pallottole di cera rossa trasformando la stanza nel teatro di una spaventosa mattanza, o ancora nelle gigantesche tele che evocano recessi organici e paiono dipinte con lava e sangue raggrumato. Non meno potente il Mount Moriah at the Gates of the Ghetto, che incombe come una montagna di carne viva rossa e nera, rovesciata sul cortile di Palazzo Manfrin e introduce al suggestivo Turning Water into Mirror Blood into Sky, un'ipnotica vasca rotante in cui sangue e cielo si specchiano l'uno nell'altro. All'interno del salone da ballo, in apparente contrasto ma in una sorta di dialogo con gli affreschi settecenteschi del soffitto che rappresentano La caduta di Fetonte, si incontra infine una delle opere più imponenti dell'intera mostra, Symphony for a Beloved Sun, mastodontica installazione dove sotto lo sguardo indifferente di un gigantesco disco solare rosso, due nastri trasportano in alto blocchi di cera per poi lasciarli cadere sul pavimento del palazzo ricoprendolo di una materia sanguinosa e informe, dal sapore primordiale.

Anish Kapoor Mount Moriah at the Gates of the Ghetto – Gallerie dell’Accademia di Venezia & Palazzo Manfrin - Venezia 2022. Photo©Kooness

Anish Kapoor fra realtà e illusione

Si esce un po' frastornati da questa mostra, dall'ampiezza degli spazi e dalla forza delle suggestioni opposte e contrarie, come di ritorno da un sogno o da un viaggio nell'inconscio, ma portando con sé l'impressione di aver potuto sbirciare sotto il velo di Maya per cogliere il magma nascosto dietro le apparenze della realtà. Kapoor afferma di sentire un profondo legame con Venezia e la sua attitudine a giocare con le leggi della percezione non può che riportare alla mente l'anima inafferrabile della città lagunare, con le sue fluide superfici su cui si disegnano frammenti di terre rosse, ocra, bianchi e bruni, annegati nel cobalto del cielo, con i suoi ingannevoli giochi di specchi, la sua assenza di confini, il suo continuo oscillare fra realtà e illusione, stravolgendo ogni legge fisica e percettiva. E dove anche ciò che sembra concreto si rivela solo un'apparizione, destinata a mutare aspetto a ogni istante insieme alla luce, alle nuvole, alle maree, ai venti, o al semplice passaggio di uno scafo.

Cover image: Anish Kapoor – Gallerie dell’Accademia di Venezia & Palazzo Manfrin - Venezia 2022. Photo © Kooness

A cura di Chiara Montani