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Kooness

Didier Bonis

1967
United States

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Opere di Le travailleur Nodongja

A prima vista, nulla lo destinava alla pittura artistica. Proveniente da una famiglia di operai estranei a questo mondo, egli stesso era artigiano e conduttore, aveva sempre una sensibilità per l'arte ma era attratto dalla musica e dal cinema, non dalla pittura che gli sembrava fuori dalla mia portata e molto elitaria. Un giorno un suo amico mise nel suo appartamento il cavalletto e l'attrezzatura per dipingere: ci volle questa vicinanza forzata, ci volle il dipinto per entrare in casa sua perché io lo considerassi una possibilità. A poco a poco si addomesticarono a vicenda, e da allora la pittura è per lui una necessità, un bisogno insopprimibile.
In un primo momento, intimidito, usò gli strumenti del falegname (righello, quadrato, bussola, ecc.) per disegnare figure geometriche che poi dipinse con un coltello, perché non osava usare un pennello. Man mano che diventava più fiducioso, abbandonò questo mestiere e si liberò dai propri vincoli per intraprendere la strada dell'arte libera e dell'espressione diretta. Liberò i colori e i gesti. Si è avvicinato fisicamente al supporto. È in un corpo a corpo, in comunione con i materiali. Mette i suoi supporti (tele, pannelli, varie superfici recuperate) a terra o su cavalletti, e si gira intorno ad essi come un felino. Li manipola in modo che i colori, versati, posizionati o proiettati, fluiscano, si muovano e vivano. Apprende il dipinto come una materia vivente. Stava parlando di addomesticamento reciproco: rimane molto attento alle tinte e alle sfumature che le miscele producono, alle forme che nascono man mano che va avanti. Rifiuta di vincolare il dipinto: interviene sulla tela secondo quanto ha espresso. Sono in un dialogo aperto permanente. Da questo scambio nascono motivi, storie, universi...