Home Mostre Regine Schumann, Colormirror


Con “Colormirror”, la prima mostra personale in Italia di Regine Schumann, la Dep Art gallery di Milano prosegue la sua ricerca e promozione di artisti mid-career con importanti esperienze internazionali. Con una notevole mole di lavoro, di medie e grandi dimensioni (i formati variano da 80 a 240 cm di altezza), la mostra presenta le ultime opere di un'artista che è considerata, in virtù delle sue sperimentazioni con materiali acrilici, uno dei più importanti innovatori nel campo del colore e della ricerca cinematografica.
Il lavoro di Regine Schumann esplora il rapporto tra colore, luce e architettura attraverso pannelli luminosi – una sorta di monolite dai colori vibranti – che offrono agli spettatori una suggestiva esperienza sensoriale.
Le sculture di Regine Schumann sono create per interagire con la luce: i colori fluorescenti delle opere cambiano con la luce del sole e a seconda del punto di osservazione. L'artista descrive così il suo lavoro: “Il vetro acrilico colorato e fluorescente gioca, nel mio lavoro, un ruolo importante. Il materiale che uso si illumina non appena riceve energia luminosa, sia naturale che artificiale. A seconda della posizione, i diversi pannelli creano diversi livelli, combinazioni e selezione di luce e colore".
Le sue composizioni cromatiche si ispirano alla teoria del colore di Goethe, basata sul fatto che i colori prendono vita dall'interazione di luce e buio; consapevole di questo legame, in alcuni casi l'artista utilizza la luce nera per aggiungere vigore ed energia ai colori che, inaspettatamente, brillano e diventano audaci.
L'architettura è il terzo elemento fondamentale del lavoro di questo artista. Infatti, le sue installazioni site-specific modificano lo spazio esistente, conferendogli una dimensione vibrante e – come lei stessa la chiama – una “temperatura” ambientale. A questo proposito, Alberto Zanchetta, curatore della mostra, scrive: “Le opere di Regine Schumann delimitano uno spazio fisico che altera e ridefinisce l'ambiente in cui sono contenute. Le superfici in vetro acrilico ricorrono a colori che si penetrano e si riflettono, o riverberano, rendendo il wok immateriale, come se fosse un'emanazione di colore puro. Impegnato in una duplice esperienza visiva (giorno/naturale e notte/artificiale), lo spettatore è invitato a interrogarsi sulle vaste possibilità dello spettro cromatico rispetto ai limiti fisiologici imposti dall'occhio umano. L'effetto disorientante della fluorescenza si ottiene grazie alla sintesi delle superfici anteriore, posteriore e perimetrale che assorbono o riflettono la luce, sottoponendo la vista a cambiamenti impercettibili, a volte graduali o addirittura improvvisi. Ma in ogni caso, sorprendente”.

La mostra è accompagnata da un volume bilingue (italiano-inglese) edito da Dep Art e curato da Alberto Zanchetta e Antonio Addamiano, contenente il testo del curatore, la riproduzione di tutte le opere esposte, vedute dell'installazione in galleria e una bio-bibliografia aggiornata.

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