Francesco Arena

Numeri che prendono forma. Se si volesse comprimere gran parte del lavoro di Francesco Arena in una formula semplice e lineare, si potrebbe sicuramente usare questa.Perché se è vero che dal punto di vista linguistico la sua opera può essere letta come uno sviluppo, una personale “deriva” di processi scultorei che partono dalle forme geometriche tipiche dell'arte Minimal e da quelle più archetipiche dell'Arte Povera - la cui chiave astratta e impersonale si mescola all'esperienza vissuta, alla narrazione di fatti storici o privati - è altrettanto vero che da un punto di vista tematico le sue opere sono spesso la traduzione di formule e numeri legati a quei fatti o storie da cui essa parte.

La ricerca dell'artista si muove spesso su due binari - quello della storia collettiva, in particolare nazionale, e quello della storia personale - che formano due linee che toccano, si sovrappongono e si incrociano.Nelle sue performance, installazioni e sculture, gli oggetti della cronaca “in forma”, siano essi oggetti di uso quotidiano - diari, sigari, mobili del salotto - o realizzati con materiali tradizionali della scultura (marmo, ardesia, bronzo).

Arena impone sempre una regola da seguire all'inizio, un fatto che rimane un punto fermo nel processo produttivo dell'opera: il peso di una barca utilizzata dagli immigrati clandestini che approdano sulla costa di Lampedusa, la distanza percorsa dall'anarchico Pinelli nel suo ultimo giorno da uomo libero a Milano, il volume di un fosso generato dall'esplosione di una bomba.Questi sono i punti di partenza che determinano la forma, le dimensioni e talvolta anche i materiali dell'opera: “Il dato è il luogo selvaggio dove i diversi sguardi si fronteggiano e si contrappongono; il dato mi interessa come unità di misura su cui costruire la scultura … un peso, una distanza, una superficie o una frase informano l'opera e ne determinano la forma o la dimensione.I dati sono lì, disponibili per l'interpretazione nonostante la sua fissità, 

I dati scelti da Arena provengono spesso dal serbatoio della storia personale, ma anche della memoria collettiva che dapprima si è concentrata soprattutto sull'Italia e ora si è aperta a situazioni ed eventi globali.