Home Magazine L'Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, alle Scuderie del Quirinale l'altra faccia della resistenza

Il salvataggio del patrimonio artistico italiano durante la Seconda guerra mondiale fu compiuto da coraggiosi dirigenti delle Belle Arti, che rischiarono la loro vita per salvare tesori inestimabili dai bombardamenti e dalle razzie delle truppe naziste. Ed è grazie a loro se opere nate dal pennello di giganti dell'arte sono giunte intatte fino ai giorni nostri. La mostra Arte liberata 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, organizzata dalle Scuderie del Quirinale in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche celebra la storia di queste donne e uomini coraggiosi.

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Fra gli oltre 100 i capolavori proposti dalla mostra, tutti salvati durante la Seconda guerra mondiale, figurano ritratti come quello di Alessandro Manzoni ad opera di Francesco Hayez e quello di Enrico VIII dipinto da Hans Holbein il Giovane, la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, la Crocefissione di Luca Signorelli, la Danae di Tiziano, oltre a dipinti del Bellini, Guercino, Van Dick, Lotto, solo per citarne alcuni. È inevitabile sentire un brivido lungo la schiena nel rendersi conto che gli eventi della storia avrebbero potuto segnare irrimediabilmente la sorte di una parte tanto significativa del patrimonio artistico italiano, rischiando di privarcene per sempre. Al contempo si prova però anche una grande emozione nel rivivere le imprese di alcuni coraggiosi soprintendenti, dirigenti e funzionari delle Belle Arti che, consci del valore universale di queste opere e della minaccia incombente su di esse, non esitarono a rischiare la vita per metterle in salvo. Dalla raccolta curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli, composta da documenti, audiovisivi, cartografie, si dipana infatti la narrazione di una storia fatta di coraggio, professionalità e intraprendenza.

Arte liberata 1937-1947. Discobolo Lancellotti, II sec. d.C., credits Alberto Novelli

Scuderie del Quirinale - Arte liberata 1937-1947 
I. “Le esportazioni forzate e il mercato dell'arte”

Il percorso della mostra si rifà a un periodo cronologico ben preciso, lungo un arco temporale che va dal 1937 al 1947 e si snoda attraverso tre principali filoni narrativi. L'esposizione del Discobolo Lancellotti, che reca il 1937 come anno della sua data d'acquisto, inaugura il primo dei tre, intitolato “Le esportazioni forzate e il mercato dell'arte”. Il fenomeno dell'uscita dal paese attraverso cessioni fittizie di opere d'arte anche vincolate dallo Stato italiano, fu dovuto ai mutati rapporti fra Italia e Germania all'indomani della stipulazione dell'asse Roma-Berlino, un patto che finì per accrescere la brama di possesso dei vertici del Terzo Reich. Ossessionato dall'arte, Hitler lavorava ad arricchire la sua collezione personale, con speciale predilezione per l’arte germanica, la statuaria classica e l’arte rinascimentale, mentre coltivava il progetto di costruire a Linz, la città della sua infanzia, il Führermuseum, che sarebbe stato il più grande museo mai concepito. Il Fuhrer considerava il Discobolo Lancellotti, copia romana di un bronzo greco raffigurante un giovane atleta maschio colto nell'attimo che precede il lancio del disco, l'esempio perfetto della bellezza ariana. Nonostante gli strettissimi vincoli, l'opera lasciò il territorio italiano e venne ceduta personalmente a Hitler con il lasciapassare di Mussolini e Ciano. Donato successivamente al popolo tedesco nel 1938 ed esposto a Monaco di Baviera, il Discobolo fece ritorno in Italia nel 1948 grazie all'intervento di Rodolfo Siviero.

Arte liberata 1937-1947. Piero della Francesca, Madonna col Bambino e angeli (Madonna di Senigallia), 1474 ca, credits Alberto Novelli

Scuderie del Quirinale - Arte liberata 1937-1947 
II. “Spostamenti e ricoveri”

Nella seconda sezione della mostra, “Spostamenti e ricoveri”, si concentra la narrazione sull'azione lungimirante di donne e uomini professionisti dell'arte, una storia italiana fatta di eroismo e dedizione al servizio dello Stato. Dopo l'inizio della guerra, con il varo delle operazioni di messa in sicurezza del patrimonio nazionale disposte del ministro dell'educazione Giuseppe Bottai, i vari soprintendenti italiani entrarono in azione. Dapprima si trattò di individuare dei ricoveri per proteggere le opere dai bombardamenti, dislocandole lontano dalle città e poi, in seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943 che portò i nazisti a marciare sulla penisola, la priorità divenne quella di difendere i tesori artistici dagli appetiti di gerarchi come Goering, che lasciavano alle proprie truppe mano libera per requisire ciò che desideravano. Fra questi coraggiosi paladini dell'arte spicca il nome di Pasquale Rotondi, direttore di Palazzo Ducale di Urbino e Soprintendente delle Marche dal 1939 al 1949 circa. La sua è una figura chiave all'interno di questa vicenda e grazie al suo intervento migliaia di opere trovarono ricovero all'interno di casse depositate tra la Rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro e il Palazzo dei Principi a Carpegna. Col precipitare della situazione, dopo il 1943, fu sempre lui a prendere contatti con la Santa Sede e, grazie anche al benestare del futuro papa monsignor Giovanni Battista Montini, a metterle in salvo presso il Vaticano. Un altro di loro è Emilio Lavagnino, funzionario in pensione che tornò a occupare il suo posto per trasportare personalmente le opere a bordo di camion, muovendosi a fari spenti per non farsi notare dai bombardieri. Altri, alcuni di essi messi forzatamente a riposo per non aver aderito alla Repubblica di Salò, sono Giulio Carlo Argan, Vincenzo Moschini, Aldo de Rinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, per non parlare della rete che faceva capo all’organizzazione clandestina creata da Rodolfo Siviero, un vero e proprio agente segreto dell’arte, impegnato nel recupero delle opere anche per molti decenni dopo la fine della guerra. Da rimarcare è anche il contributo preziosissimo delle prime direttrici di importanti Musei nazionali, donne di straordinario coraggio decisive in quest'impresa, come Palma Bucarelli, responsabile ai tempi della Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, Fernanda Wittgens, al vertice della Pinacoteca di Brera a Milano, o Jole Bovio Marconi, curatrice del Museo Nazionale di Palermo.

Arte liberata 1937-1947. Tiziano Vecellio, Danae, 1544 – 1545, credits Alberto Novelli

Scuderie del Quirinale - Arte liberata 1937-1947 
III. “La fine del conflitto e le restituzioni ”

“La fine del conflitto e le restituzioni” è il nucleo che conclude il percorso espositivo, illustrando le missioni di recupero delle opere trafugate iniziate dopo la conclusione del conflitto. Fu in questa fase che ai funzionari italiani si affiancò una task force composta da professionisti dell'arte provenienti da 13 paesi, alcuni di loro resi celebri dal film del 2014 di George Clooney. Sono i cosiddetti Monuments Men, reclutati all'interno del Monuments, Fine Arts, and Archives Program, ovvero un corpo paramilitare costituito dal comando alleato con lo scopo di coordinare le varie azioni di salvaguardia dei Beni artistici nelle zone di guerra.
L'esposizione, inaugurata il 16 dicembre dello scorso anno, è stata organizzata dalle stesse Scuderie in collaborazione con la Galleria Nazionale delle Marche (partner principale della mostra), l’ICCD, Istituto Centrale per il catalogo e la Documentazione e l’Archivio Luce Cinecittà, e sarà visitabile fino al 10 aprile prossimo. Suggestivo l'allestimento composto da pareti di compensato studiato dall'architetto Francesca Elvira Ercole, non a caso lo stesso materiale utilizzato per le casse da imballaggio in cui erano contenute quelle opere che abbiamo rischiato di non rivedere mai più. Fra di esse la Danae di Tiziano, il capolavoro restituito nel 1947, la data che chiude cronologicamente il percorso espositivo.

Immagine di copertina: Arte liberata 1937-1947. Exhibition view, credits Alberto Novelli

A cura della redazione di Kooness