Home Magazine I misteri nascosti dietro ai furti d'arte più celebri della storia

Il primo fu ad opera di pirati polacchi, che nel 1473 saccheggiarono una nave diretta a Firenze. Ne sono seguiti molti altri, alcuni clamorosi, a volte sensazionali. Sarà che quando si parla di furti d'arte si pensa sempre a qualcosa di rocambolesco e spettacolare, lo testimonia il successo di film e serie televisive sull'argomento. Nei musei nel frattempo si continua a rubare e, se alcune opere sono state recuperate, altre probabilmente sono andate perdute per sempre. Un fenomeno grave che continua a minacciare il patrimonio artistico mondiale.

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Furti d'arte: “La più antica rapina della storia” 1473 - The Last Judgment di Hans Memling

 

The Last Judgment, Hans Memling

 

Erano veri i pirati polacchi che rubarono il dipinto Il giudizio universale di Hans Memling, intercettato a bordo di una nave in viaggio verso Firenze, la città natale dei committenti Angelo Tani, banchiere e direttore del Banco Medici a Bruges e la moglie Caterina Tanagli. I bucanieri, dopo aver attaccato la nave che trasportava il dipinto, depositarono la refurtiva in una cattedrale di Danzica. Il trittico, che immaginava la seconda venuta di Cristo, si trova tuttora in Polonia presso il Museo Nazionale di Danzica e lì è rimasto nonostante le continue richieste delle autorità italiane.

 

Furti d'arte: "La rapina che cambiò la storia di un quadro" 1911 - La Gioconda Leonardo da Vinci

 

Monna Lisa, Leonardo Da Vinci

 

Fece grande scalpore la vicenda dell'italiano Vincenzo Peruggia che tra il 20 e il 21 agosto del 1911 decise di rubare la Monna Lisa portandosela via sotto il cappotto. L'uomo, avvantaggiato dal fatto di essere stato assunto al Louvre per lavori di manutenzione, tenne nascosta l'opera sotto le assi del pavimento della sua stanza da letto per più di due anni. Peruggia confessò successivamente di aver compiuto il gesto per patriottismo. Il suo intento era di riportare in Italia il dipinto sottratto al suo paese d'origine (in realtà fu lo stesso da Vinci a portarlo in Francia e a venderlo al re Francesco I) ma, colto in flagrante mentre tentava di piazzarlo alla galleria degli Uffizi per mezzo milione di lire, venne arrestato subito dopo. Tradotto in carcere, ottenne una pena ridotta a soli sette mesi di detenzione e fu salutato dagli italiani come un vero eroe. L'opera tornò in Francia solo nel 1913. Il clamore della vicenda e la sua rilevanza su tutti i giornali dell'epoca attirarono l'attenzione della critica e del pubblico appassionato d'arte di tutto il mondo, rendendo il viso della Gioconda l'immagine più popolare e riprodotta della storia.

 

Furti d'arte: "Un caso ancora irrisolto" 1969 - Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi Caravaggio

 

Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, Caravaggio

 

In una notte tempestosa fra il 17 e il 18 ottobre del 1969 alcuni ladri si introdussero nell'oratorio di San Lorenzo a Palermo, rimuovendo dall'altare un dipinto a olio su tela realizzato dal Caravaggio nei primi anni del '600. Non fu mai più ritrovato, divenendo una delle opere più ricercate al mondo dagli inquirenti specializzati in furti d'arte. Da allora sono state avanzate numerose ipotesi sulla sorte toccata al capolavoro: alcuni dicono che fu rubato dalla mafia e offerto come merce di scambio nella trattativa denominata Stato-mafia, altri riportano invece epiloghi tragici secondo i quali il dipinto, dopo essere stato rovinato, fu distrutto o addirittura dato in pasto a topi e maiali. La ricostruzione della vicenda è servita da spunto anche per l'ultimo racconto di Leonardo Sciascia Una storia semplice e per il film Una storia senza nome diretto da Roberto Andò nel 2018 (visibile attualmente sulla piattaforma streaming Netflix).

 

Furti d'arte: "Il più grande che la storia ricordi” 1975 - Furto al Palazzo Ducale di Urbino

 

Madonna di Senigallia, Piero della Francesca.

 

Tra il 5 e il 6 febbraio del 1975 una banda di ladri fece irruzione nel Palazzo Ducale di Urbino (a quei tempi privo di sistema di sorveglianza), prelevando tre capolavori simbolo del Rinascimento italiano: La Muta di Raffaello insieme a La Flagellazione e alla Madonna di Senigallia di Piero della Francesca. Gli inquirenti confidarono nella prevedibile difficoltà dei malviventi nel commercializzare opere così preziose e conosciute. E alla fine ebbero ragione. I cinque protagonisti del furto, tutti successivamente arrestati, avevano infatti nel frattempo fatto pervenire un'improbabile richiesta di 800 milioni per la riconsegna dei quadri a un antiquario riminese, il quale portò gli investigatori sulle tracce della refurtiva, ritrovata in perfetto stato l'anno dopo a Locarno, in Svizzera. Alcuni funzionari impegnati nel recupero dei dipinti raccontarono di essere riusciti anche a evitare un incidente diplomatico con le autorità elvetiche, che avrebbero voluto allestire una mostra con i tre dipinti esponendoli per alcuni mesi. Alla fine si accontentarono di un solo weekend e, quando il prezioso materiale venne riportato in patria, fu accolto a Urbino “tra un tripudio di gente e di campane a festa”.

 

Furti d'arte: "La rapina più audace di sempre" 1985 - Musée Marmottan Monet 1975

 

Claude Monet, Impression, soleil levant.

 

Fra le opere esposte al Museo Marmottan, aperto nel 1934, figura Impression, soleil levant, l'opera alla quale si attribuisce l'origine stessa del movimento impressionista. Ebbene, in un giorno di ottobre del 1985 fra i nove importanti quadri impressionisti rubati in una delle imprese delittuose che alcuni considerano fra le più audaci di sempre, figurava proprio questo fondamentale dipinto di Claude Monet. Provate a immaginarvi la scena: alcuni normali turisti in visita al museo in pieno giorno, dopo aver pagato regolarmente il biglietto, si trasformano in temibili banditi ed entrano in azione tenendo in ostaggio con le armi nove guardie e 40 visitatori. I malviventi, cinque in tutto, sapevano che il sistema d'allarme era attivo soltanto durante le ore di chiusura del museo e così poterono fuggire indisturbati con nove opere impressioniste: cinque di Claude Monet, due di Auguste Renoir, una di Berthe Morisot e un'altra di Narusé. Dopo una falsa pista che portava a un collezionista legato alla Yakuza, la mafia giapponese, gli inquirenti conclusero che il furto fosse attribuibile alla malavita comune. Fu un barista disoccupato, messo alle strette, a rivelare ai poliziotti che le opere erano nascoste in una villa di Porto Vecchio, in Corsica, portando all'arresto di sette persone. Il valore dei quadri rubati venne allora stimato in cento milioni di franchi, circa ventidue miliardi di lire, anche se a detta di molti esperti la meravigliosa tela di Monet Impression, soleil levant avrebbe reso ai malviventi un bottino, almeno sulla carta, di valore difficilmente calcolabile.

 

Furti d'arte: "Un colpo fatto ad arte” 1990 - Il furto all'Isabella Stewart Gardner Museum di Boston

 

JOHANNES VERMEER - THE CONCERT, 1663-1666. Courtesy Gardner Museum

 

Era la sera 18 marzo 1990 quando a due uomini travestiti da poliziotti bastarono 81 minuti per entrare nel museo Isabella Stewart Gardner di Boston, immobilizzare gli addetti della sicurezza e andarsene con 13 opere della collezione. Ancora oggi ci si chiede perché furono rubati proprio quei quadri, dal momento che sarebbe stato possibile prenderne anche altri di maggior valore. Comunque sia, fra i pezzi trafugati spiccavano il Concerto a tre, uno dei rari dipinti di Vermeer (in tutto 34), stimato come l'opera scomparsa più preziosa al mondo, l'unica marina dipinta da Rembrandt Cristo nella tempesta sul mare di Galilea, il dipinto di Manet Chez Tortoni, un Degas e altri ancora, per un valore stimato di circa 500 milioni di dollari. A 32 anni dal furto il caso rimane irrisolto e nessuna delle opere rubate è stata ritrovata. La vicenda presenta ancora lati oscuri e continua a catturare l'attenzione di molti. Non è un caso se di recente sempre Netflix ha inserito nella sua programmazione una miniserie diretta da Colin Barnicle che racconta l'intera vicenda, dal titolo Un colpo fatto ad arte, la grande rapina al museo. Ricordiamo che chi fosse in possesso di informazioni utili al ritrovamento della refurtiva può sempre contattare il museo, che continua tutt'oggi a offrire una ricompensa milionaria per il recupero delle opere rubate. Nel frattempo le cornici vuote sono state lasciate appese nella loro posizione originale con la speranza di poterle di nuovo reintegrare con i capolavori che un tempo ospitavano.

 

Furti d'arte: “Oltre il danno la beffa … ” 1994 - L'urlo Edvard Munch

 

Edvard Munch, L'urlo, 1893–1910.

 

Nel febbraio 1994, mentre a Lillehammer in Norvegia stavano per iniziare le olimpiadi invernali, circa 180 km più a sud, nella galleria nazionale di Oslo, veniva trafugata una delle opere più rappresentativa dell'arte moderna, una versione di The Scream, l'iconico dipinto del pittore norvegese Edvard Munch. Gli autori del furto non fecero altro che tagliare il filo che teneva il dipinto appeso alla parete, lasciando prima di andarsene un bigliettino con il quale ringraziavano i responsabili della sicurezza del museo per la scarsa qualità del servizio, in pieno stile Lupin. Le dinamiche del fatto non furono mai pienamente chiarite. Nei giorni successivi si fecero avanti molti mitomani e ci fu persino un gruppo anti-abortista che, mentendo, affermò di essere in grado di restituire il dipinto qualora la televisione nazionale avesse acconsentito a mettere in onda uno spot a favore della loro causa. I ladri provarono a chiedere un riscatto di 1 milione di dollari ma la polizia, mai completamente convinta della veridicità della richiesta, rispose con un netto rifiuto. Il dipinto fu recuperato integro solo dopo due mesi in un hotel a sud di Oslo e i quattro autori del furto furono arrestati. Per la cronaca, 10 anni dopo un'altra copia dell'Urlo venne trafugata insieme a una Madonna di Munch, questa volta nel museo Munch di Oslo, nel corso una rapina che si svolse in pieno giorno durante gli orari di apertura. Entrambi i dipinti furono recuperati nel 2006 a seguito dell'arresto di sei persone da parte delle autorità locali.

 

Furti d'arte: “Rapina senza autore” 1997 - Ritratto di signora di Gustav Klimt

 

Gustav Klimt, Ritratto di Signora

 

Nel 1997 alla galleria d'arte moderna Ricci Oddi di Piacenza avvenne un misterioso furto. La dinamica non fu subito chiara e una cornice vuota fu trovata accanto a un lucernario, facendo pensare a una fuga dei ladri attraverso i tetti. Quella cornice conteneva fino al giorno prima una magnifica tela di Gustav Klimt dal titolo Ritratto di signora. I primi indiziati furono i custodi della galleria, ma le accuse vennero archiviate per insufficienza di prove.  La tela fu rinvenuta in modo casuale nel 2019, quando un giardiniere la individuò con sua sorpresa all'interno di una botola su una parete esterna del museo, rafforzando così la tesi che il furto fosse avvenuto per mano di qualcuno che conosceva bene la struttura dell'edificio. Fino a quel momento gli inquirenti avevano sempre brancolato nel buio. Le tracce di DNA rinvenute nel 2016 sulla cornice, probabilmente appartenenti a uno dei ladri, non avevano condotto ad alcun arresto e anche la pista esoterica, secondo la quale il quadro sarebbe stato utilizzato per dei riti satanici si rivelò alquanto fantasiosa. Ritratto di signora rientra in un ciclo di ritratti femminili realizzati da Klimt tra il 1916 e il 1918 e fa parte dei soli tre lavori del maestro austriaco esposti in musei italiani. Le riflettografie hanno inoltre rivelato che sotto questo dipinto si cela un altro ritratto di donna con cappello, citato da alcune fonti e poi dato per disperso.

 

Furti d'arte: "Il colpo del millennio" 2010 - Il furto al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris 2010

 

Pablo Picasso, Le pigeon aux petits pois. Courtesy Musée d'art moderne de la ville de Paris

 

L'ultimo colpo in ordine cronologico di questa lista di misfatti si riferisce al furto di cinque grandi opere d'arte moderna dal Musée d'Art Moderne de la Ville di Parigi nel 2010, del valore complessivo di 100 milioni di euro: Le pigeon aux petits pois di Pablo Picasso, La Pastorale di Henri Matisse, L'Olivier Près de l'Estaque di Georges Braque, La Femme à l'Éventail di Amedeo Modigliani e Nature Morte aux Chandeliers di Fernand Léger. A compiere l'azione fu un solo uomo, tale Vjeran Tomic, che raccontò l'intera vicenda in decine di lettere inviate dal carcere a un giornalista del New Yorker, Jake Halpern, il quale ne trasse poi materiale per un gustoso articolo. Il rapinatore disse di essersi accorto che le finestre, raggiungibili dalla strada, sarebbero state facilmente smontabili togliendo semplicemente alcune viti. Ci mise sei notti per sostituirle tutte con altre finte fatte in argilla e decise infine di eseguire il colpo. Alle tre di notte del 20 maggio tolse una finestra usando due ventose ed entrò nel museo, trovandosi completamente solo al suo interno. Successivamente il rapinatore vendette la refurtiva a Jean Michel Corvez, un ricettatore con il quale era già in contatto, ma durante l'estate la polizia ricevette una soffiata che permise di trarlo in arresto. Scoperta l'intera macchinazione, gli investigatori risalirono anche a Corvez, il quale confessò di non essere più in possesso della refurtiva, ma di averla data a Yonathan Birn, un trentenne laureato in storia dell'arte. Durante il processo quest'ultimo sostenne di aver distrutto i quadri, cosa alla quale giudici, autorità ed esperti, non hanno mai creduto. Nel frattempo, Vjeran Tomic si trova in cella in un carcere a nord di Parigi, dove sta scontando una pena di otto anni. In uno degli ultimi scambi con Halpern, il rapinatore che i francesi hanno soprannominato SpiderMan si dichiarò convinto che “Birn amasse quei dipinti più di ogni altra cosa e che sicuramente stesse continuando a conservarli da qualche parte”, chiosando poi: “Un giorno o l'altro sarà costretto a darli alla persona a cui appartengono, cioè a me”.

 

Cover image: Gustav Klimt, Ritratto di Signora

 

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